Nostalgie

Il silenzio di carica dei suoni lasciati in un angolo della memoria. Il fruscio di un sipario che si apre nel buio di una sala o il battito lieve del cuore di un passero che veglia sulla soglia dell’aurora.
Si può iniziare da una citazione poetica per descrivere l’amore che Miresa Turci porta alla memoria del padre, l’artista santarcangiolese Giulio Turci. La fonte è la stessa Miresa, che ha pubblicato negli ultimi anni due libretti, sottili ma ricchi di spirito poetico, Il vento e le case (ed. Maggioli, 2003, da cui la citazione iniziale) e Un sentimento antico (ed. Raffaelli, 2012, arricchito da disegni del padre) .
In occasione della prima Biennale del disegno, che si sta svolgendo a Rimini e in Romagna, purtroppo è assente una qualsiasi opera di Giulio Turci dalle mostre realizzate. Stiamo parlando di un artista completo, valutato positivamente a livello internazionale, tale da influire sull’immaginario poetico di un artista come Federico Fellini. Osservando i quadri di Giulio Turci, con i suoi venditori di palloni, in un’atmosfera sospesa, raccolta, onirica, non si può fare a meno di pensare che, tanti anni prima del regista riminese, l’artista di Santarcangelo aveva tracciato segni molto simili. Giulio Turci nacque a Santarcangelo il primo gennaio del 1917: artista autodidatta, studiò violoncello e pianoforte al Conservatorio, unendo in sé sempre le due nature di musicista e di pittore. Scomparve prematuramente nel 1978, a sessanta anni e un mese, per una febbre malarica contratta in Africa.
Dal 2002 esiste l’associazione Giulio Turci, che ha come finalità promuovere iniziative collegate con le passioni del pittore, l’arte e la musica: conferenze, visite guidate alle mostre, realizzazione di mostre dedicate a Turci, pubblicazione di libri (ricordiamo Al lettore d’arte, di G. M., edito da Guaraldi nel 2005). Nel 2008 si è svolta una mostra dedicata a Turci, nel trentennale della morte, presso il Monte di pietà di Santarcangelo, e nel 2009 a Mostar, ospite della Primavera di Mostar. Turci era assai legato alla città diventata un triste simbolo della guerra in Yugoslavia, con la distruzione del suo maestoso ponte medioevale, oggi fortunatamente ricostruito, simbolo di ferite che forse stanno rimarginando.
L’ultima occasione per ammirare alcune opere di Giulio Turci, accanto ad altre di Ilario Fioravanti, si è avuta nel dicembre 2013, alla Rocca di Santarcangelo, in occasione dell’asta promossa dal Rotary club Valle del Rubicone. L’oblio, quindi, non sembra calato sull’opera di Turci. Però, a tutt’oggi manca un luogo che omaggi l’arte di Turci: manca a Santarcangelo, nella pinacoteca, l’arte del Novecento. Sarebbe allora importante dare sicurezza e continuità alla vicenda dell’artista, attraverso un luogo che permetta ai visitatori di conoscere le opere di Giulio Turci, un artista che è ancora nel cuore della gente.
Quando nel 200l venne realizzata una mostra a lui dedicata a Santarcangelo, dovettero cambiare gli orari della mostra per il grande afflusso di pubblico.
Un artista da riscoprire, Giulio Turci, da valorizzare, un sognatore in grado di far sognare con le sue opere, come ricordava il poeta santarcangiolese Gianni Fucci, che gli de- dicò questi versi: <<Cmè t’è fat te / Giulio, / sa cal tu vaili ‘ligri / ti mèr grénd dl’insògni / pini dia pazinzia de vént» (Come hai fatto tu Giulìo, con quelle tue vele allegre nei mari grandi del sogno / colmi della pazienza del vento).
Paolo Turroni

Nostalgie, da “la Voce di Romagna” del 13 maggio 2014