Spesso, venendo a Santarcangelo da Pesaro, mi fermavo nello studio di Giulio.
Stavo mezz’ora, un’ora, a sentire la musica, a parlottare, a guardare l’amico che dipingeva.
Adesso che Giulio non c’è più, ricordo quei momenti con una nostalgia dolce e dolorosa. Spesso ascoltavamo qualche buon disco in silenzio. Musica e pittura nello studio di Giulio stavano sempre assieme anche sulla tela che aveva un’intensa qualità musicale. Erano i suoi quadri bagnati di luce, una luce particolare, come a volte ci appare d’estate, in attesa dei temporali. Il cielo, per un attimo, si fa scuro e luminoso e una grande quiete tiene sospeso il mondo. Giulio era in quella quiete, al limite estremo, prima della bufera. E c’era sempre qualcosa di lontano, in quei quadri, la memoria e la sfinge del sogno.
E poi le spiagge ormai mitiche della nostra infanzia di cui restava appena una rara traccia, un ultimo canneto. Qualche volta leggevo all’amico una poesia in italiano o nel nostro dialetto. Penso che se Giulio fosse ancora con noi avrei continuato a leggergli qualcosa di mio, forse chissà un monologo, come quello riportato qui sotto, perchè parla del tempo, dell’ arte e del la vita. E mentre avrei letto sarebbe venuta su dalla scaletta di legno la Terza col caffè che avremmo bevuto in un piccolo rito d’amicizia, in quello studio rintanato fra i coppi come un nido di passeri..
Monologo di uno che andava a teatro
La ragione per cui ho smesso di andare a teatro è proprio questa, che ogni volta mi prendeva una smania incontenibile. Non per la bravura dell’attore, ma per il fatto di essere a teatro. A me l’attore, fuori dallo spazio magico del teatro, mi annoia. Quella sua lingua, così tutta toscana, mi sembra falsissima e quella dizione che usa anche per dire che deve andare al cesso. E non mi piace neanche quando parla in dialetto, perchè il dialetto è motivato dalle cose, dalla puzza, per esempio. No, la ragione per cui gli attori mi eccitano è un’altra. E per quel che accade in quello spazio straordinario che è la scena. Lì, a differenza di ogni altro luogo del mondo, uno vive, meglio, cerca il senso della vita assecondato da tante persone. Persone che aspettano che uno si spinga avanti nel tempo dell’esistenza. Voglio dire che uno, normalmente, è ostacolato e lì invece è assecondato, ma assecondato in maniera speciale, per essere quello che non è, per fare la commedia. Perchè chi fa la commedia porta con sé il vago della vita, cioè tutto quello che ci circonda e che fugge in tutte le direzioni. Cosa ti resta di un giorno di venti anni fa? Non puoi più richiamarlo quel giorno, è sparito. Chissà com’era? Forse una bella giornata. Forse si vedeva una striscia luminosa di grano dalla finestra, o forse il cielo era coperto e l’alloro del giardino faceva una vela scura sul bianco delle nuvole. Eri allegro o triste quel giorno? Chissà se in quel giorno spuntò una rosa, morì qualcuno del vicinato, se una bimba imparò una nuova parola. I giorni si perdono, se ne vanno, ma il teatro li ferma, li fa vivere per sempre. Ogni volta che vedremo Zio Vania sentiremo l’estate, il profumo delle foreste, la noia del dottore… Quei giorni non passeranno mai.. Per questo sono affascinato dal teatro e per questo gli attori un tempo erano accomunati ai fachiri, agli zingari, agli alchimisti e ai ladri. Perchè di un imbroglio di tratta, tra il vero e il parvente e con tutto vantaggio di quest’ultimo. L’imbroglione che dice messa senza essere prete, il falso mercante che vende latta per oro, il medico che cura senza avere la laurea, fanno in fondo parte del grande teatro. E tu stesso che fai il giudice o l’agente di cambio, che fai, quando il pensiero ti porta altrove, dietro un’allegra futilità di giuoco e di amori, che cosa fai, se non fingere di essere estremamente professionale e serio e pieno del tuo lavoro? Non fai forse più grave la voce? Non fingi di essere quel che in quel momento non sei? Così si è tutti, ecco perchè tutti amiamo il teatro, finzione della vita. Ma quelli che fanno la commedia nella vita reale hanno solo il premio meschino del proprio tornaconto, non servono l’illusione. Mentre il vero attore va fuori di se stesso, si dimentica, va a vivere dentro un marinaio, un cavaliere … Egli è sempre altrove a riempire di forme le più varie esistenze. Un ottimista, per esempio , che tende ad espandersi nei corridoi e la curva, la curva, la prende alzando leggermente la borsa da viaggio, alitando quasi. O un pessimista, un malato, una donna austera, un intrigante, un ruffiano. L’attore sulla scena, curioso come un bambino in soffitta, fruga con la voce il cuore delle umane vicende e si inoltra nel lutto, nella gioia, nella paura, nelle pene d’amore. Che è quello che facciamo tutti. Perchè tutti siamo stati felici, infelici, innamorati, delusi, credenti, blasfemi, ma non ce ne ricordiamo. Noi recitiamo a soggetto, minuto per minuto, il copione lungo e melenso della nostra vita. Mentre a teatro in due ore, in un’ora si attraversa un’esistenza. Per questo l’attore deve ricordarsi, avere memoria delle forme in cui è passata la vita. Perchè quando l’attore ci mostra la forma, noi ricordiamo e ne abbiamo commozione e vergogna o spavento. Ma io volevo dire anche un’altra cosa. Io non riesco mai a dire quello che ho in mente di dire perchè le idee mi vanno sempre da un’altra parte. Quello che volevo dire è che a teatro si forma il nodo, il perchè della vita. Perchè quell’esistenza e non un’altra e perchè così?
E vero, è vero, la commedia parla di tutt’altre cose, di gente che con noi non c’entra affatto, ma malgrado ciò, e proprio perciò, forse, noi vediamo noi stessi nel modo delle cose che ci sono attorno. Ma allora se noi non c’entriamo, perchè poi, di fatto, c’entriamo, ne siamo presi?
Noi non abbiamo perduto un regno come Re Lear, non siamo smarriti perchè uno spettro ci ha parlato della morte di nostro padre. Tuttavia siamo noi, più siamo gli altri, più siamo noi. Per questo io mi eccito tanto quando vado a teatro per cui ho deciso di non andarci più, altriment imi vien voglia di essere un altro per essere me stesso, e questo non si può, questo solo un attore, un grande attore può farlo per me.
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