Cinquant’anni con un amico
Ultimamente, fra me e Giulio, ci s’intendeva a gesti, a mezze parole. Potevamo quasi fare a meno del linguaggio convenzionale per capirci.
A questo, ci aveva portato la lunga assidua frequentazione, il comune modo di giudicare le cose, il gusto del paradosso, un elevato senso dell’umorismo, l’odio per il convenzionale e il retorico.
Avevamo molti amici in comune, ma l’amore per l’arte e le circostanze a volte curiose della vita, ci avevano tenuti uniti per mezzo secolo, da quando, molti anni prima della guerra, si era presa la consuetudine di incontrarsi giornalmente con l’amico Moroni.
Erano anni difficili, ma nulla poteva trattenere la nostra voglia di vivere, di conoscere e di scherzare.
Poi la guerra ci aveva dispersi. Giulio era apparso fugacemente al Comando Militare dove prestavo servizio, e per un breve periodo dormimmo fianco a fianco nella gelida camerata.
Ci ritrovammo più tardi, durante il passaggio del fronte, quando solo il crinale di una collina divideva i nostri rifugi di sfollati. Ricordo che Giulio dipingeva campagne tenere e tranquille, mentre lontano, all’orizzonte vedevamo levarsi il fumo dei bombardamenti, e giungevano fino a noi con eco smorzata, i cupi boati della guerra.
Questa passò col suo strascico di lutti e rovine, e, tornati a casa, Lui io e Moroni riprendemmo, con una gran voglia di dimenticare, i nostri convegni giornalieri. C’erano con noi il pittore Curugnani (sfollato da Rimini) e Sanzio Giovanardi, eccellente xilografo, prima ancora che approdassero a Santarcangelo Muccini e Vespignani.
Furono amicizie e presenze che lasciarono il loro segno.
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