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In realtà Turci non era solo pittore, ma un uomo con molti e vari interessi. Diversamente da quanto si potrebbe immaginare vedendo le sue opere, ha viaggiato in Europa, in Africa e in Asia, ma paradossalmente queste esperienza hanno finito per rafforzare il suo legame con la Romagna. Quello che Turci ricordava di questi viaggi lo riviveva in rapporto alla luce della sua terra, al suo mare, alle sue spiagge, come se la Romagna potesse essere tutto l’universo.
Allo stesso modo, certe suggestioni delle atmosfere metafisiche di De Chirico e Morandi, le marine neogiottesche di Carrà, la paesana rusticità di Rosai, la consistenza materica di Campigli, la perizia disegnativa di Vespignani non hanno avuto effetti determinanti sulla sua indole espressiva, sempre sicura e compiaciuta.
I bagnanti, I venditori di palloncini, gli aquiloni, le feste di matrimonio, gli armadi e gli orologi diventarono così i protagonisti di continui sogni, di un teatrino fantastico, che ricorda da una parte il surrealismo padano di Foppiani, dall’altra il delizioso bozzettismo di Usellini. Un teatrino che non pretende di enunciare grandi verità, ma che vuole sussurrare filastrocche e piccoli racconti attraverso un dipinto, senza mai annullare il mistero attorno al loro reale significato, fermando un’emozione giovanile in immagini senza luogo e senza tempo.
Vittorio Sgarbi – da Oggi, Cultura, Estate 2001
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