A introdurre il catalogo grafico di Giulio Turci s'è scelto un disegnetto del 1945 ricavato da Leonardo, uno dei tanti esercizi compitati dall'artista santarcangiolese sui grandi maestri, tenuti sempre sott'occhio e sempre studiati. E' di un certo interesse annotare che la copia leonardesca è tradotta da Turci in una grafia mossa e nervosa di stile dechirichiano, e al clima metafisico rimanda anche l'ambientazione prospettica, dove la figura virile si staglia su un lontanissimo fondale di piccole case, di alberelli, di monti, mentre sulla luna passa una nube sottile. L'immaginazione di Turci, poi, convoglia, trasfigurati, altri modelli di rara elezione. Esemplari sono certi suoi disegni a china eseguiti negli anni Cinquanta, come, fra tutti, Riposo e barche e Marinaio stante, entrambi del 1953. Nel primo sembrerebbe depositarsi certa melencolia di sosta e sonno di origine veneta quattrocinquecentesca: si confronti la figura del giovane con l'Endimione dormiente di Cima da Conegliano alla Galleria Nazionale di Parma, databile attorno al 1516. Il secondo parrebbe invece ispirarsi a una certa tipologia di antiche steli funerarie, dove la figura è vista in piedi, frontalmente e con le braccia rivolte in basso, quale ad esempio, l'Atleta al Museo Archeologico Nazionale di Atene, databile all'inizio del IV secolo a.C. Come si vede, le immagini su cui Turci sembrerebbe riflettere contemplano in qualche modo sentimenti sospesi, e sono in tutto consentanee al clima funebre evocato dalle due chine, dove il nero dell'inchiostro incupisce i ciuffi d'erba misera in un buio cavo e triste, come fosse un luttuoso grembo vuoto che aspetti di esser colmato. E l'uomo ritto e fermo, con due lunghe corde pencolanti dalle mani, mostra un volto fosco che par rammentare un Caronte in attesa. Ma che dire poi delle prove dell'anno precedente, del 1952? Quel Grand Hotel screpolato, chiuso e scricchiolante sembra una regina dei mari in disarmo e forse ospita qualche abusivo dietro le finestre sprangate, come lascerebbe intuire la tenda lassù, sulla terrazza a est. E' come se un Canaletto, come se un Bellotto fossero capitati in Adriatico nel dopo-guerra, a scovar poesia su una facciata che si sbriciola in un mesto pomeriggio di novembre, mentre due uomini parlottano indifferenti a quel fasto logoro e muto. Come primigenie vedove e madri avanzano poi, sempre nel'52, le Donne del mare, vestite di nero, sbarrate nei volti, spettrali imponenti matres dolorosae, che in bicicletta trasportano una manciata di pesci morti, ammucchiati in cassette di legno che sembrano resti di bare. Una donna infila a tracolla una stadera col piatto nero che ondeggia all'aria, come fosse una cupa bilancia addetta a chissà quale arcaica psicostasia, una ferale pesatura di anime. Ma con gli inizi degli anni Sessanta il segno si fa meno risentito, meno evocatore dei bulini dell'acquaforte, e più diluito nella messa in pagina di sapore pittorico: e sono scorci marini o campestri, con un ricordo di Počitely d'Erzegovina datato '67 , morbidissimo "a solo" di violoncello sullo sfondo logoro di torri e minareto. Sullo scorcio del decennio entra poi in scena una fantasia più sognante e anche fumiste, che libera accrocchi di orologi, libellule, farfalle, ritratti e autoritratti, quadri su cavalletti, palloni, concerti, letti, armadi, altalene, bagnanti al sole, ombrelloni, che sembrano aver sempre celato un senso riposto, una qualche crittografia. E tra gli ultimi disegni sono due ritratti di violoncellisti, uno a sanguigna, l'altro a carboncino, duttili, assorti, essenziali: e il secondo, del '77, che, come sempre nelle opere dell'artista, poggia l'archetto su uno strumento senza corde, fa pensare a un raccolto commiato di Giulio Turci, con un ultimo pensiero rivolto all'amatissimo violoncello, che era stato intagliato dal grande Capicchioni.
da catalogo Giulio Turci - Dipinti e Disegni Mostra promossa da: Associazione Sigismondo Malatesta, Biblioteca Classense Con il patrocinio del Ministero per i Beni e le Attività Culturali Luoghi: Rocca Malatestiana di Santarcangelo di Romagna (giugno - settembre 2001) e Galleria della Manica lunga Biblioteca Classense, Ravenna (luglio - agosto 2001) Cura Scientifica della mostra e del catalogo di Gabriello Milantoni
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