C’era una volta un pittore che era nato con quel dono di natura, e ad esso si era consacrato con grazia solitaria consegnando alle tele il suo sguardo delicato, le sue visioni, le sue quiete fantasie. Era un grande pittore, come Carrà, come Vespignani, ai quali era legato da amicizia, ma meno celebre di loro perché viveva appartato nel suo borgo; certe marine, certi scorci e personaggi sembravano replicarne la maniera, ma i suoi soggetti erano persino più belli perché soffusi di una misteriosa, sospesa malinconia. Un presentimento. Come Fausto Coppi, l’Airone, Giulio Turci a ritorno da un viaggio in Kenia era stato strappato alla vita da una febbre malarica scambiata per influenza; era il 1978 e aveva appena 61 anni. Mi domando quale manna produca Sant’Arcangelo tra le mura del castello fatato, per allevare tanti poeti; e mi chiedo anche cosa avrebbe potuto concepire in vecchiaia un artista così originale, destinato come la maggior parte dei pittori a raffinarsi con il passare dell’età, a donare il meglio proprio alla fine del tragitto.
Gianfranco Angelucci
Auguri D’artista
Buon Anno con Giulio Turci, da “La Voce di Romagna” 29 Dicembre 2013″
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